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Giorni che sono l'urgenza di riempirsi di mondo, di assegnare a ogni elemento del reale qualcuna delle sillabe traboccanti, ormai svuotate di significato, ridotte a puro evento materiale da compiere. Giorni poveri perfino dei suoni capaci di segnalare la propria esistenza, pieni di un'assenza verso cui incede tutto l'universo, invadendo col proprio vibrare un ritmo cardiaco non più fedele alla richiesta di ossigeno dei tessuti. E nella frontiera fra questi giorni, tra il vocìo disordinato e il vulnerabile riverbero del silenzio, riscoprirsi umani. Solo nella frattura riscoprirsi interi.